Antonio Oleari

Writer & Photographer
    
Location: Milano
Nationality: Italian
Biography: Antonio Oleari  is a writer and photographer based in Milan. He studied literature and he was a radio speaker and music journalist. For years he has been involved in the international music scene: he has published essays, biographies and... MORE
Private Story
La casa dei migranti
Copyright Antonio Oleari 2024
Updated Jan 2018
Topics Family, Loss, Migration, Mixed Medium, Poverty
Pubblicato per la prima volta su www.corriere.it il 11/01/2018
Illustrazione di Antonio Delluzio


Fai conto di non passartela bene.
Non ti è andata sempre male, anzi. Magari sei stato geometra in quegli anni là in cui i soldi, il lavoro, gli sfizi. E il panettone di Natale rigorosamente da Peck. Ipotizza però qualche cazzata di averla fatta, all'inizio piccola, poi una un po' più grossa.
I soldi scarseggiano, la moglie ti molla, la figlia grande che si fa la sua vita. E facciamo che con le cazzate non ti sei fermato: vai in Sud America, investi quel che ti resta in un terreno, ti fai fregare dagli intermediari sbagliati e metti incinta una bella ventunenne.
Ancora: torni in Italia e inizi il lungo slalom tra i creditori, paghi ogni mese gli alimenti alla moglie e mandi l'assegno oltreoceano. Amici e clienti scappano come topi da una nave che affonda, ti liberi della zavorra (seconda casa, BMW, mobili) ma la falla che si è aperta nello scafo è troppo grande per sperare di portare a casa la pelle.

Così cominci a prendere in considerazione l'idea di calare in acqua la scialuppa: rinunci al gas e alla luce, mangi cibo in scatola e ti metti a remare dentro una quotidianità fatta di giornate lunghe e fredde. La sera, rintanato sotto quattro coperte, tieni accesa una candela e divori gli Hemingway presi in prestito nella biblioteca del paese: poi, nel buio, pensi agli sbagli che hai fatto e a questa nuova vita che non è poi tanto male, se accetta ancora di essere vissuta. Passano così centinaia di giorni, di libri e di espedienti, compreso qualche Natale trascorso al caldo con l'unico amico che ti è rimasto. Ma ipotizziamo - così, solo per il gusto di immaginare - che l'istituto di credito decida che è arrivato il momento di riavere quei 30 mila euro che ancora gli devi. E supponiamo succeda proprio quando la bella ventisettenne del Sud America arriva in Italia con tua figlia seienne pronta per la scuola elementare. Se questo racconto rispondesse al vero, il tribunale ti obbligherebbe a uscire di casa per poi venderla all'asta, cercheresti un alloggio di fortuna per tutti e tre e ogni mattina accompagneresti a scuola la bimba sulla canna della tua bicicletta.

Così per qualche mese, finché i litigi e i carabinieri te la portano via. Ogni giorno passi davanti alla tua vecchia casa domandandoti chi se ne stia prendendo cura. Poi, secondo questo racconto, un giorno qualcuno ti direbbe che la casa è stata vinta da un privato per poche migliaia di euro e che questo privato, per non lasciarla sfitta, ha pensato bene di proporla a una cooperativa sociale. Ed è così che verresti a sapere che in poco tempo il prefetto, a casa tua, ci ha mandato una ventina di migranti arrivati freschi freschi dalla Libia. Sono i primi in paese e di loro si parla dal mattino alla sera. Al sindaco non piacciono tanto, perciò ci manda un ispettore per controllare che tutto sia a norma. E lui qualcosa fuori posto lo trova: due bagni per venti persone sono pochi. Ma il prefetto dice che i bagni sono tre, che il sindaco non ha guardato bene. Tutta una sera, in consiglio comunale, si parla solo di quanti siano i cessi di casa tua e tu sorridi ripensando alle docce calde che hai fatto lì dentro e ai sorrisi che allargavi allo specchio poco prima che la luce si spegnesse.

Fai conto di non passartela bene. È un po' che ti va male, anzi ormai non hai più niente.

Però un mattino ti alzi e vai a trovare venti ragazzi che se la passano più o meno come te. Suoni il campanello su cui c'è scritto ancora il tuo nome e viene ad aprirti un senegalese uno e ottanta. Ti presenti, gli stringi la mano e gli dici «È un peccato che la gente ce l'abbia con voi, forse è per via dei panni stesi alle finestre». Spendi la parola decoro a beneficio dei tuoi vecchi vicini. Poi prendi un paio di loro e li porti nel garage dove parcheggiavi la BMW: insieme tirate qualche corda verde da parete a parete e vi mettete a stendere magliette e mutande. Così va meglio, concordate. Quando risalite in cucina per un attimo resti a fissare i fornelli e provi a ricordare le domeniche mattina, con la radio accesa e tutto il tempo per preparare la colazione. Ora quei ragazzi ti offrono pure un caffè, ma tu rifiuti perché hai altra roba da sbrigare. Risali in sella e ti allontani in mezzo al traffico. D'accordo, questa storia non è la tua. Tu te la passi bene e la tua vita non ha troppi scossoni. Però qualcosa in viale Brianza dev'essere successo perché i panni, fuori dalla casa dei migranti, sono spariti. E i vicini non si lamentano più.
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