Private Story
Derry, Bloody Sunday March 2023
Il sole si è svegliato presto questa mattina e ha tirato le tende del cielo, affacciandosi tra le nuvole di una fredda domenica di gennaio. Giusto per qualche ora, solo per l’occasione, il tempo di dare il benvenuto a chi come me è appena arrivato a Derry, per i tanti che ci vivono, per tutte le persone che nel pomeriggio hanno marciato per chiedere una giustizia che aspetta da 51 anni.
“An injustice to one is an injustice to all”, recitano i manifesti affissi per le strade; percorrendo le mura della città, avvicinandosi al Bogside, il quartiere repubblicano di Derry, sono sempre più frequenti. E’ lo slogan della 51 marcia annuale della Bloody Sunday, la domenica di sangue, come viene ricordata a causa del suo tragico passato.
Finiti i convenevoli, il sole è tornato a dormire dietro le nuvole, mentre la folla si è radunata, pronta a partire. Sono le 15, le bande in divisa si schierano appena dietro lo striscione principale, in testa 14 persone che reggono 14 croci bianche, ognuna per ogni vittima dei proiettili dell’esercito britannico che il 30 gennaio del 1972 sparò sulla folla inerme che manifestava per i diritti civili in Irlanda del Nord, manifestare in maniera pacifica per dire basta alle discriminazioni, agli arresti e alle detenzioni indiscriminate, alle violenze perpetrate ai danni degli irlandesi cattolici, da parte del governo britannico e dalle bande paramilitari unioniste, fedeli alla corona.
Quel giorno, il 30 gennaio, i paracadutisti britannici non uccisero a sangue freddo solo 14 persone indifese, non ne ferirono altre 26. Quel giorno decretarono la fine del movimento pacifista, regalando all’IRA una delle più grandi vittorie di sempre: rispondere alla violenza con la violenza.
La pioggia ha preso a cadere leggera sulla testa delle migliaia di persone che hanno iniziato a sfilare, a tratti fitta, a volte, quando sembrava che fosse finita, ricominciando da capo. Questa è l’Irlanda. La marcia si snoda fra salite e discese, lungo tornanti. Le mani reggono cartelli, striscioni, bandiere arcobaleno e della Palestina, in perfetta sintonia con lo slogan, “un’ingiustizia per uno è un ingiustizia per tutti”.
Si arriva davanti al Free Derry Corner, dove un camioncino ospita il palco dal quale si susseguono gli interventi. Alla fine i manifestanti intonano “We shall overcome” infreddoliti, bagnati, stanchi, ma presenti.