“...Fiore di campo nasce
dal grembo della terra nera,
fiore di campo cresce
odoroso di fresca rugiada,
fiore di campo muore
sciogliendo sulla terra
gli umori segreti” (Peppino Impastato).
Èun maggio temperato. La rugiada scivola via all'ammicar del sole sotto lo sguado pigro delle vacche, come svogliati guardiani, sorvegliano il paese dall'alto dei sui monti. Da una panchina all'altra, il vociare degli anziani si sposa con la tranquillità della piazza, scandendo il tempo, lento come il mare che muove pacifico ai piedi della terra. In un maggio temperato, Cinisi si prensenta così. Ma il fermento è dietro l'angolo, sotto pelle, un tatuaggio indelebile da quarant'anni. “Non se lo sono dimenticati a mio figlio”, recita nei centopassi Lucia Sardo. Ed il suo ricordo vive nei pennelli che danzano all'aperto sulla tela, nelle mani che piegano magliette alla luce del neon, nei piedi che percorrono quei cento passi tra Casa Memoria e la nuova sede di Radio Aut (ex casa Badalamenti), dei giovani di Cinisi, che senza sosta si preparano agli eventi che sfoceranno alla manifestazione del 9 maggio. “Mi avete fatto resuscitare mio figlio” (Felicia Impastato) riporta una delle matonelle apposte davanti a Casa Memoria. Così è negli sguardi dei bambini che ne affollano l'entrata, attenti alle parole di Giovanni Impastato, e nei loro sorrisi durante le premiazioni. Il futuro è nelle nuove generazioni che sfilano accanto ai genitori, con le proprie classi, scandendo slogan, brandendo cartelli, “la lotta alla mafia si fa innamorandosi della verità e della sua ricerca”. Una memoria, la verità che resta viva grazie ai compagni di Peppino, nelle parole strozzate di Andrea, nei suoi occhi lucidi mentre all'interno del casolare rievoca quei tragici giorni di quarant'anni fa. Nelle parole di Giacomo Randazzo “Ci hanno impedito di realizzarla come volevamo, allora l'ho riprodotta in piccolo” indicando il presepe semovibile della Sua Cinisi. Al dolce sorriso di Pino Manzella con in mano la sua immancabile compagna, la macchina fotografica.
È una società che insegna ad emergere a discapito dell'altro, fagocitando tutto ciò che ci circonda, perchè si è ciò che si ha, in continua competizione. Una società esclusiva, costellata di muri, di classi sociali. Siamo vite ai margini di essa, stipati come animali da ingrasso per i nostri padroni. Ma è dai margini che nasce la rivoluzione, una voce che si innalza, deride, denuncia, smuove coscienze assopite. Una voce che fa paura, per questo messa a tacere. Ma non le sue idee, dopo quarant'anni ancora vive nei cuori e nell'anima di chiunque le sappia ascoltare. Una voce, quella di Peppino, che non smette di riecheggiare, ci insegna a lottare, uno accanto all'altra, costruendo ponti per incontrarci, riscoprendo la bellezza dei margini,“Ci chineremo, ad uno ad uno verso lo specchio cieco, la nostra ombra si stancherà di noi, è così che incontreremo l'immagine che ci appartiene l'immagine dell'altro...” (YoYoMundi)