Quando il professor Faldini, direttore e primario del dipartimento Rizzoli Sicilia a Bagheria, e amico pisano di vecchia data, mi ha chiamato per scattare un reportage che raccontasse ciò che un gruppo di giovani medici ortopedici avevano fatto dal 2011 ad oggi in questa struttura sequestrata alla mafia, ho accettato con entusiasmo.
Quando sono arrivato a Bagheria, a marzo per la prima volta, mi ha pervaso un entusiasmo ancora più grande per tutto ciò che avrei dovuto e potuto raccontare: una clinica splendida e modernissima sequestrata alla mafia nel 2010, dotata delle migliori tecnologie in fatto di sale operatorie, strumentazione, ambienti; “occupata”, per merito dell’Istituto Italiano Sequestri, dall’istituto che rappresenta in assoluto l’eccellenza in fatto di ortopedia in Italia da 300 anni: il Rizzoli di Bologna.
Un gruppo di giovani medici, pionieri ed entusiasti provenienti sia dall’Emilia Romagna che dalla Sicilia, capeggiati da un giovane primario accademico di 40 anni: Cesare Faldini, hanno affrontato in 4 anni ben 9.000 interventi, restituendo ai siciliani ammalati di deformità come alluce valgo, scoliosi, problemi alle anche o alle ginocchia; la gioia di vivere senza dover affrontare un lungo viaggio della speranza, ma al contrario, soltanto a pochi chilometri da casa loro, dalla loro terra, dalla loro vita, dalla loro attività; facendo risparmiare alla regione Sicilia milioni e milioni di euro.
Il mio compito, punta dell’iceberg di un lavoro fatto di eccellenza quotidiana, è stato quello di raccontare in bianco e nero l’attività quotidiana della clinica: le sale operatorie, i gessi, la terapia intensiva… e di ritrarre a colori e a figura intera tanti casi “esempio” di persone curate e guarite, tornate alla loro vita nella loro splendida terra.
In questi due mesi di lavoro e tre viaggi, mi sono state aperte le porte di tante case siciliane; ho avuto la possibilità di ascoltare tante storie di persone grate a questi medici, che hanno affrontato per 4 lunghi anni la fatica di lavorare lontano da casa, ma che hanno ricevuto in cambio affetto e stima e che oggi possono raccontare di aver fatto qualche cosa anche loro per il progresso di questa terra meravigliosa.