Anita non mi guarda, si destreggia fra avversari invisibili, si porta la palla al piede e la calcia in alto, cerca di riprenderla, appena però mi sposto dalla mia posizione corre verso di me chiedendomi di vedersi in foto. E’ contenta Anita, corre soddisfatta dai suoi compagni, che nel frattempo hanno iniziato ad entrare all’interno dell’associazione. C’è fermento per salutare i volontari italiani che lasceranno il posto ad un altro gruppo, si è deciso di fare un laboratorio di cucina dove i bambini prepareranno i dolci che una volta cotti nel forno, mangeranno tutti insieme durante la festa. Anita mi fa segno di sedermi a fianco e iniziamo a preparare. L’insegnate e l’allievo, ascolto le sue istruzioni su come impastare e cosa mettere sopra la mia ciambella, parliamo due lingue diverse ma riusciamo a capirci benissimo.Mi fermerò solo qualche giorno a Tuzla, l’ultima tappa di un viaggio che mi ha portato a Tuzlanska Amica dove non tornavo da qualche anno.
Amica è un’associazione che ha iniziato il suo lavoro nel ’92 a Tuzla, prestando assistenza a donne e bambini in fuga dalle zone di guerra. Negli anni è cresciuta con il sostegno di numerose realtà italiane grazie a programmi di affido a distanza, riuscendo a garantire assistenza medica, psicologica e di prima necessità alle famiglie in difficoltà e a gestire una casa famiglia per ospitare i ragazzi che al compimento dei 18 anni devono lasciare l’Orfanotrofio di Tuzla. La festa prosegue e arriva l’ora dei saluti, nel frattempo è arrivato il gruppo dei nuovi volontari, così la nostalgia per una partenza si confonde all’entusiasmo per chi è arrivato.
I ragazzi di Volim Tuzla, sono un gruppo autorganizzato di giovani, universitari e liceali di Bologna, che da qualche anno si pone come obiettivo la realizzazione di campi estivi presso l'associazione Tuzlanska Amica, ai quali partecipano i ragazzi dell’Orfanotrofio di Tuzla, del campo profughi di Mihatoviā‡i (nella periferia della città) e del quartiere, con la finalità di socializzazione e inclusione che passa dai giochi e attività all’aperto ai laboratori manuali. L’ultimo giorno finalmente conosco Vilmo, di cui ho solo sentito parlare. Con una media di un viaggio al mese per quasi vent’anni, dal 1992 ad oggi, Vilmo Ferri ha fatto circa 300 viaggi tra Bologna e la ex Jugoslavia: porta aiuti di ogni genere ai bambini e alle loro famiglie in Bosnia. Grazie ai ragazzi di Amica, svuotiamo il furgone in poco tempo, mentre rientriamo si gira e mi chiede “E’ più pazzo colui che costruisce una bomba o è più pazzo colui che la usa? Io credo che siano pazzi entrambi.” Tira fuori due semi dalla tasca e me li fa cadere sulla mano: “Piantali dove vuoi”, mi dice, “se tutti i cittadini di una qualsiasi città piantassero un albero, in un giorno si formerebbe una foresta”.
Sulla via del ritorno penso a questa Bosnia, così lontana dallo sguardo dei turisti che affollano la Bascarsjia (quartiere centrale di Sarajevo), o lo Stari Most. Un paese che sviluppa attorno a colline, foreste e castelli sulle valli. Gli animali che pascolano pigramente lungo i bordi delle strade cedono il passo alle piccole bancarelle di prodotti artigianali come miele o Rakjia (grappa). Fungono ancora da centri di aggregazione per le persone i luoghi di culto, nei quali, oltre a pregare, ci si trattiene sui gradini a conversare o semplicemente leggendo. Legata alle tradizioni nelle sue sagre come la corbarijada, una gara dove ci si sfida nel preparare la corba (zuppa balcanica) più buona, immersi nei boschi fin dal mattino a cucinare accompagnati da musica e danze tipiche. E’ una Bosnia che ricorda per non cancellare. Accogliente nel suo modo di comunicare che va oltre le parole, che lascia in tasca semi di pace da piantare.